Pasolini ha scritto la storia della letteratura moderna, nonché della cinematografia. Neorealista convinto, il suo amore per Milano andava oltre i limiti dell’immaginabile. Non a caso scriveva nella Lettera 22 «Una visione impressionante di Milano notturna: oltre il Naviglio, rovine di vecchie case sventrate, con le finestre vuote, occhieggianti, e angoli colmi di un buio pauroso. Dietro quell’ammasso di macerie, splendenti sagome dei grattacieli: il Galfa, il Pirelli…Sono immagini stupende: sfolgorano di luci come giganteschi diamanti, come colossali fantasmi pietrificati».
L’amore per Milano
Nonostante di origine bolognese, il poeta incontra spesso sul suo cammino il capoluogo lombardo, complice anche il fatto che a partire dagli anni Cinquanta, Milano diventa emblema del Nord europeo, per sviluppo e modernità.
Il poeta va a Milano per la prima volta nel luglio 1955 quando, accusato di oltraggio al pudore, siedei in tribunale assieme al suo editore Livio Garzanti. La Presidenza del Consiglio accusava un suo libro di riferimenti pornografici. A suo tempo fu Ungaretti a difenderlo dicendo che «Pasolini è il più grande poeta italiano. Riesce a fare della denuncia sociale una poesia». Dopo qualche anno al processo Pasolini torna a Milano per lavoro; egli infatti lavora alla sceneggiatura di un film con «molta energia, lunghe sedute di lavoro e di documentazione». E senza rendersne conto finisce con il fare diventare protagonista indiscussa del film una fumante e industrializzata Milano-Metanopoli.
Pasolini ama la Milano del boom economico, apprezza il suo passato e spera nel suo futuro, studia e mette in risalto quella città sfolgorante di luci, fatta di intermittenze, piena di grattacieli che al contempo nascondo strascichi di rovine, macerie e abbandono
Richiamo di Milano passo dopo passo
L’amore del poeta non termina certo qui. E infatti a partire dal1965 torna il richiamo a Milano nel docu-film “Comizi d’amore”: l’Italia è affrontata ad ampio spettro dal boom economico e lo scrittore continua a risaltare una città che nel suo cuore ha un posto speciale. Egli stesso dice nel docu film «sperando di scoprirvi i segni di un contemporaneo miracolo culturale e spirituale».
A Milano Pasolini vive lo spirito delle strade, intervistando gli operai e parlando con i giovani che nel tempo libero volteggiano nelle balere. Non si crea problemi nel fare sfacciate spudorate domande sul sesso, sull’omosessualità, sulle reazioni sulla legge Merlin che nel 1958 decretò la chiusura della case di tolleranza.
Ma arrivano risposte ancora troppo chiuse e ignoranti, si rende infatti conto che nonostante Milano sia avanti, per i giovani il sesso è ancora un tabù, gli omosessuali vengono copnsiderate persone da correggere, la legge Merlin «una gran boiata». Per cui il Pasolini conclude in questo modo «L’Italia del benessere materiale viene contraddetta da questi italiani reali, ipocriti. Persino gli operai di Milano sono uniti in una protesta prebiscitaria contro una legge moderna e democratica come la Merlin».
E da “Comizi d’amore” tre anni dopo si parla de ”l’ipocrisia borghese” nel pasoliniano “Teorema”: film basato su una famiglia milanese altolocata che nasconde “sotto il tappeto” vizi e perversioni.
Durante l’ultima fase della vita del poeta, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, Milano viene coinvolta da cose sconcertanti, c’è lo scoppio delle bombe a Piazza Fontana, l’anarchico Giuseppe Pinelli muore cadendo dalla finestra della questura, il commissario Luigi Calabresi viene ucciso in via Cherubini. Nel 1973, l’ex direttore del Corriere della Sera Piero Ottone chiede a Pasolini di collaborare al quotidiano di Via Solferino. Il fatto di potersi esprimere, in un certo senso liberamente, circa quanto sta accadendo in Italia e a Milano, spinge il poeta ad accettare. Radicale, polemico, provocatorio, i suoi articoli sfanno parte della sezione del quotidiano sulla critica, ma i suoi pezzi vengono semrpe aperti da preamboli doverosi: «Su queste colonne intervengono voci delle più diverse tendenze, invitate a esprimere intorno a temi di attualità il loro giudizio, che non sempre rappresenta quello del Corriere».
Quello che ora ci si domanda è come un animo tanto ribelle e polemico, attivista radicale come Pasolini, avrebbe reagito se si fosse ritrovato nella Milano di oggi. Quella fatta di movida, di fumo e di alcool. Nonostante la sua apertura alla modernitò, ci si chiede se il poeta clou del 900 sarebbe stato in grado di reggere il cambaimento su scala mondiale, che aveva coinvolto la sua dolce Milano. Una Milano che oggi non perde certo di fascino ma che sicuramente rappresenta tutti i lati, positivi e non della moderna società.