Gli Sforza
Dopo la morte di Filippo Maria, ultimo erede dei Visconti, salì al potere Francesco Sforza, suo genero, che venne eletto Duca di Milano (1447); il suo primo atto significativo fu l’inizio dei lavori di restauro del castello di Porta Giovia, propria residenza signorile, d’allora in poi Castello Sforzesco.
Francesco fu un uomo importante per la storia della città grazie alla sua cultura e la sua capacità di governare. Oltre ad aver garantito la pace, il duca si distinse per il suo impegno nel rilancio economico della Lombardia sfruttando agricoltura, commercio e settore manifatturiero. Fra le molte opere civili da lui avviate ebbe grande importanza la costruzione dell’Ospedale Maggiore progettato dal Filarete.
La successione di Francesco Sforza fu piuttosto burrascosa; suo figlio, Galeazzo Maria, anch’egli amante della cultura e dedito al mecenatismo si rivelò tuttavia corrotto e crudele al punto che fu ucciso da una congiura di nobili nel 1468. Suo successore divenne il figlio di otto anni Gian Galeazzo, affidato alla tutela della duchessa Bona di Savoia e del cancelliere Cicco Simonetta. Ma nel 1479 Ludovico il Moro, lo zio del piccolo duca, tolse di mezzo i tutori con un colpo di mano e assunse la reggenza dello Stato.
Ludovico ebbe due matrimoni destinati ad arricchire il Ducato e a stabilire alleanze strategiche: sposò prima Isabella d’Aragona nel 1489 e due anni dopo Beatrice d’Este. Soprattutto lo sposalizio con quest’ultima si rivelò molto proficuo. Beatrice, brillante e colta, spinse Ludovico verso la liberalità culturale. Costui divenne mecenate di artisti quali Leonardo da Vinci e il Bramante. Milano raggiunse così la fama di essere la più ricca e splendida città d’Italia.
Beatrice purtroppo morì giovanissima di parto nel 1497 e la sua scomparsa portò a un rapido decadimento della politica ludoviciana. Il Moro infatti, portato all’intrigo e all’ambiguità, compì delle incaute mosse che consentirono ai francesi di impadronirsi del Ducato. Ludovico morì prigioniero nel 1508 e dopo di lui i territori sforzeschi divennero in breve tempo terra di conquista dei potenti stranieri.
A questi fatti seguirono centosettant’anni di oppressione spagnola e ai cittadini milanesi stremati non restava che borbottare con rassegnazione “O Franza o Spagna, pur che se magna”.